Approfondimenti

I migliori libri per bambini di Luis Sepúlveda

La favola riflette la realtà in uno specchio strano, poco convenzionale, e offre un’immagine che permette di capire meglio la realtà.

È lo stesso Luis Sepúlveda, in queste poche righe, a spiegarci il motivo che lo spinge a scrivere grandi verità sotto forma di favole e a dedicare buona parte del suo tempo per la scrittura alla redazione di libri per bambini.

Ma c’è di più. Il grande autore cileno, che ha firmato capolavori per adulti e piccini, un giorno ha raccontato di essere diventato scrittore probabilmente perché ha avuto la fortuna di crescere con dei nonni che gli raccontavano delle storie. Chi la storia la subisce sulla storia infierisce, verrebbe da dire, ma nel caso di Sepúlveda ne siamo tutti ben lieti.

Chi è stato Luis Sepúlveda

Prima di iniziare il viaggio attraverso le pagine più magiche di questo autore, due parole sulla sua vita. Cileno, comunista, costretto a fuggire durante la dittatura di Pinochet, ha vissuto un po’ in tutto il Sudamerica prima di volare in Europa e stabilirsi nelle Asturie.

Ha fatto il regista, il giornalista e ha viaggiato sulle navi di Greenpeace. È stato in prigione torturato dal regime e ha vissuto con gli indios. Parlava correntemente, oltre allo spagnolo, il francese, l’inglese, l’italiano e il tedesco.

È morto ad aprile 2020 a causa del Covid.

5 libri per bambini di Luis Sepúlveda che narrano storie senza tempo

Addentriamoci, dunque, tra i libri per bambini di Luis Sepúlveda.

Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare

Capolavoro indiscusso, pur nella sua semplicità, della letteratura per l’infanzia, datato 1996, qui da noi in Italia comunemente si legge nelle scuole elementari e medie.

Tutti sappiamo che è ambientato ad Amburgo – la prima città europea dove il poeta arrivò dal Sudamerica – e ricordiamo la commovente storia della gabbiana Kengah che va incontro alla “morte nera” causata dal petrolio pur di deporre il suo uovo. Lo affiderà al buon gatto di porto Zorba, al quale fa promettere di non mangiarlo, di prendersi cura del pulcino che ne verrà fuori e soprattutto di insegnargli a volare. Nasce, quindi, una gabbianella che Zorba e i suoi amici gatti chiamano Fortunata.

Tra i due si instaura un legame intenso forse più che filiale, una fiducia insperabile tra due esseri apparentemente tanto diversi, finché Fortunata trova il coraggio di seguire la sua natura e lanciandosi da un campanile vola per la prima volta.

Il tema principale è ovviamente quello del superamento della paura più stupida, quella del diverso, della diffidenza che da questi ci fa allontanare, sia gatto, gabbiano o essere umano e di come, con la giusta collaborazione, si possa realizzare qualunque sogno perché… vola solo chi osa farlo.

Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico

Ancora gatti – animali che Sepúlveda ama in modo particolare, per sua stessa ammissione – ancora Germania (siamo a Monaco), ancora rapporti interpersonali e ancora esorcismo della paura del diverso, un timore che proprio non ha senso, in questa storia così particolare. E poi il tema dell’amicizia che supera ogni barriera, perfino quella del pregiudizio.

È così che il vecchio gatto Mix, da sempre amico del bambino Max che ormai è diventato adulto e lo lascia sempre più solo in casa, può andare contro la propria natura di felino cacciatore e diventare amico del topo che battezza Mex, consentendogli perfino di entrare nella dispensa per gustare il muesli di cui è ghiotto.

Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza

Tra le pagine di questo libro pubblicato nel 2013 striscia una lumaca che vive nel prato denominato Paese del Dente di Leone, ma che non ha mai visto nulla oltre il proprio orizzonte verde, non si è mai spinta oltre il nastro d’asfalto che delimita il suo mondo. Cosa ci sarà laggiù? E soprattutto perché è bello e importante essere lenti e perché le lumache non hanno nome?

Troppe domande per questa lumachina contro la quale le altre storcono il naso, o meglio, le antenne, ma lei con coraggio intraprende la sua personale avventura, il suo viaggio alla scoperta delle risposte ai suoi perché.

Con questa metafora neppure troppo originale, tra il viaggio d’iniziazione proppiano e l’eco del giovane gambero rodaresco, Sepúlveda ci conduce alla riflessione sul valore del tempo in una società frenetica come la nostra dove veloce vuol dire meglio.

Ma cosa ci perdiamo quando andiamo veloci? Ce lo aveva già detto la bella tartaruga cantata da Lauzi: incontri, paesaggi, esperienze, luoghi e persone del cuore che la fretta ci porta a ignorare.

Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà

In questa favola del 2015 Sepúlveda ci porta nella giungla, tra le atmosfere dei nativi americani e precisamente della tribù dei Mapuche da lui realmente avvicinata e presa a modello.

Aufman è un cane che vive legato a una catena in una piantagione di legname. Lo tengono sempre affamato, convinti che così sia un cacciatore migliore, perciò lui, per sopravvivere, si rifugia nei ricordi, quando da cucciolo fu salvato da un giaguaro che dopo un po’ di vita sulla montagna lo portò al villaggio degli uomini. Qui venne adottato dall’anziano Wenchulaf che lo fece diventare il compagno del suo nipotino, appena nato anche lui.

È una dichiarazione d’amore alla natura incontaminata che gli uomini stanno crudelmente distruggendo, questa tenera favola in cui Sepúlveda affronta il delicato tema dell’ambiente e della sopravvivenza delle comunità indigene, molto di attualità nel continente latinoamericano.

Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa

Può una balena, di qualunque colore sia, firmare la propria autobiografia? Pare proprio di sì, se leggiamo questa favola che Sepúlveda dà alle stampe nel 2018, un anno dopo aver raccolto tutte le precedenti produzioni in un’antologia intitolata Tutte le favole e uscita nel 2017.

C’è un bambino che raccoglie una conchiglia su una spiaggia cilena, nel profondo sud del mondo. In questa conchiglia sente la voce della mitica balena bianca che per decenni ha fatto la guardia del braccio di mare che separa quella terra da un’isola considerata sacra dai nativi di quel luogo. Un compito misterioso di cui la balena stenta a definire la provenienza se non individuandola nella propria natura, che ha svolto con puntualità e dedizione, in ottemperanza all’antico patto tra la sua specie e la Gente del Mare, e che ora ci tiene a raccontare al bambino.

Anche qui la questione della salvaguardia dell’ambiente è protagonista. Nella difesa della balena dai forestieri che potrebbero sbarcare sull’isola sacra senza rispetto alcuno, si intravede, infatti, la totale assenza di sensibilità per i temi ecologisti che permea gran parte della società occidentale. E che dobbiamo sforzarci di cambiare.

Foto | Joson [CC BY-SA 3.0], attraverso Wikimedia Commons

Roberta Barbi

Roberta Barbi è nata e vive a Roma da 40 anni; da qualche anno in meno assieme al marito Paolo e ai figli, ancora piccoli, Irene e Stefano. Laureata in comunicazione e giornalista professionista appassionata di cucina, fotografia e viaggi, si è ritrovata da un po’ a lavorare per i media vaticani: attualmente è autrice e conduttrice de “I Cellanti”, un programma di approfondimento sul mondo del carcere in onda su Radio Vaticana Italia. Nel tempo libero (pochissimo) si diletta a scrivere racconti e si dedica alla lettura, al canto e al cake design; sempre più raramente allo shopping, ormai rigorosamente on line.

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Pulsante per tornare all'inizio