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Poesie per la festa della mamma: le più belle di sempre

Quali sono le più belle poesie per la festa della mamma? Quali le più famose e le più conosciute? Tra scrittori famosi, italiani e non, eccone alcune che non mancheranno di commuovervi o di ispirarvi. Nel biglietto che regalerete alla vostra mamma potrete riprenderle per intero o scegliere i versi che vi hanno colpito di più.

8 bellissime poesie per la festa della mamma

Andiamo alla scoperta delle più belle poesie per la festa della mamma, allora. Alcune sono adatte ai più piccoli, altre a chi è grandicello, ma senza dubbio tutte raccontano l’emozione per questa giornata di festa.

Due poesie di Edmondo De Amicis

Cominciamo con due poesie di Edmondo De Amicis (1846-1908), l’autore di Cuore. La prima ha per titolo A mia madre.

Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lacrime e gli affanni
mia madre ha sessant’anni
e più la guardo e più mi sembra bella.

Non ha un accento, un guardo, un riso
che non mi tocchi dolcemente il cuore.
Ah se fossi pittore,
farei tutta la vita il suo ritratto.

Vorrei ritrarla quando inchina il viso
perch’io le baci la sua treccia bianca
e quando inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso.

Ah se fosse un mio prego in cielo accolto
non chiederei al gran pittore d’Urbino
il pennello divino
per coronar di gloria il suo bel volto.

Vorrei poter cangiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei.
Vorrei veder me vecchio e lei…
dal sacrificio mio ringiovanita!

La seconda è La mamma: una poesia classica, senza tempo, perfetta anche per le mamme di oggi.

Anche povera come l’uccello
che, fuor del nido, nulla possiede,
sempre la mamma ha cuore da dare
ché suo figlio non abbia a penare.
Sempre la mamma è il fiore odoroso
che tutto intorno riempie di sé,
anche se sta lontano da te
col suo pensiero ti vive accanto.
Splende il suo cuore come una stella,
vive il suo amore come una fonte:
alla sua acqua riprendi lena,
alla sua luce rischiari la fronte.
Tu ti nascondi, ma lei ti vede;
tu non le parli, ma lei t’intende;
sulla tua soglia sempre si siede;
pena le dai e letizia ti rende.
Come albero che goccia nel sole
rivestito di subito incanto,
se tu le dici dolci parole
diventa luce pure il suo pianto.

Tagore e la maternità

Di Rabindranath Tagore (1861-1941), Nobel per la letteratura nel 1913, ecco la risposta della madre alle domande di un bambino.

Maternità
Da dove sono venuto? Dove mi hai trovato?
Domandò il bambino a sua madre.
Ed ella pianse e rise allo stesso tempo e stringendolo al petto gli rispose:
tu eri nascosto nel mio cuore bambino mio,
tu eri il Suo desiderio.
Tu eri nelle bambole della mia infanzia,
in tutte le mie speranze,
in tutti i miei amori, nella mia vita,
nella vita di mia madre,
tu hai vissuto.
Lo Spirito immortale che presiede nella nostra casa
ti ha cullato nel Suo seno in ogni tempo,
e mentre contemplo il tuo viso, l’onda del mistero mi sommerge
perché tu che appartieni a tutti,
tu mi sei stato donato.
E per paura che tu fugga via
ti tengo stretto nel mio cuore.
Quale magia ha dunque affidato il tesoro
del mondo nelle mie esili braccia?

La madre secondo Juan Ramón Jiménez

Il poeta spagnolo Juan Ramón Jiménez (1881-1958), Premio Nobel per la letteratura nel 1956, ci regala uno splendido ritratto della Madre:

Giunto, ti dico, madre,
che tu sei come il mare; che sebbene le onde
dei tuoi anni si alternino e ti mutino.
il tuo luogo è il medesimo
al passo del mio cuore.
Non occorre misura
né calcolo per conoscere il cielo
della tua anima;
il colore, ora eterna,
la luce del tuo occaso,
ti rivelano, oh madre, tra le onde,
eterna e nota nel loro mutare.

Giuseppe Ungaretti e la madre

Tra le poesie per la festa della mamma, quella del poeta ermetico Giuseppe Ungaretti (1888-1970) è un mix di dolore e di speranza insieme, che fa molto pensare al cuore spezzato di un figlio.

E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

Un momento sereno con la madre secondo Alfonso Gatto.

Una madre che dorme, poesia di Alfonso Gatto (1909-1976), ci mostra l’intimità di un momento sereno.

Una madre che dorme
piove in dolcezza dentro di sé
come una grotta
e in fondo al lume ha il suo bambino.
Una madre che dorme
dorme al panneggio ardente d’una fiera
che la guarda mansueta.
È una dolce sera
in mezzo alle pupille
della sua onda quieta.

La supplica di Pasolini

A volte l’amore materno è così profondo da essere inarrivabile e la sua privazione un tormento, come racconta Pier Paolo Pasolini (1922-1975) nella celebre Supplica a mia madre.

È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

A tutte le donne

Alda Merini (1931-2009) ha uno sguardo più ampio sulle madri.

A Tutte le Donne
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra.

Foto | GLady da Pixabay

Roberto Russo

Roberto Russo è nato a Roma e vive a Perugia. Dottore in letteratura cristiana antica greca e latina, è appassionato del profeta Elia. Segue due motti: «Nulla che sia umano mi è estraneo» (Terenzio) e «Ogni volta che sono stato tra gli uomini sono tornato meno uomo» (Tommaso da Kempis). In questa tensione si dilania la sua vita. Tra le altre cose, collabora con alcune testate online e tanto tempo fa ha pubblicato un racconto con Mondadori.

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